di Salvo Barbagallo
La Storia è “Storia” e Storia resterà anche se si cerca di cancellare la memoria: i fatti restano fatti, anche se, poi, a distanza di giorni o di decenni si “interpretano” a seconda dei “punti di vista” o degli “opportunismi” del momento. Non diciamo nulla di nuovo, non vogliamo scoprire l’acqua calda, né, di certo, siamo animati da “spirito antinazionalista”, ma di certo non possiamo non notare come ad ogni ricorrenza importante – come è quella del 2 Giugno – si faccia di tutto per ignorare cosa ha preceduto quell’importante data per l’Italia, e ignorare come è nata la Repubblica Italiana.
Meno di un mese addietro la Sicilia ha festeggiato la sua “Autonomia Speciale”: una “festa” tenuta quasi in sordina come se gli attuali governanti la Regione se ne vergognassero, o come se considerassero il ricordo della “ricorrenza” un “atto dovuto”, e nulla più. Era il 15 maggio del 1946 quando Re Umberto II firmava lo Statuto Autonomistico della Regione Siciliana con Decreto Luogotenenziale n° 155 (l’Italia era ancora una monarchia retta dal “Luogotenente” Umberto di Savoia). L’approvazione dello Statuto fu il patto politico che mise fine ai disordini ed alle rivolte che sin dal 1944 agitavano la Sicilia e che avevano anche portato alla creazione dell’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia). In quella data la Repubblica Italiana non era ancora nata. Lo Statuto Siciliano divenne poi parte integrante della Costituzione Italiana a seguito della Legge Costituzionale n° 2 del 26 febbraio 1948.
Va ricordato che un anno prima della concessione dell’Autonomia alla Sicilia, in carica in Italia era ancora (dal 12 dicembre 1944 sino al 21 giugno 1945) un Governo provvisorio, la guerra ancora non conclusa: era in carica il Governo Bonomi III con la Democrazia Cristiana (DC), il Partito Comunista Italiano (PCI), il Partito Liberale Italiano (PLI), il Partito Democratico del Lavoro (PDL). Nel governo figurava come vice presidente del Consiglio Palmiro Togliatti (PCI), ministro degli Esteri Alcide De Gasperi (DC), sottosegretario Eugenio Reale (PCI), all’Interno lo stesso Bonomi (PDL), alle Finanze Antonio Pesenti (PCI), all’Agricoltura Fausto Gullo (PCI) fra i sottosegretari Giuseppe Montalbano (Marina) e Bernardo Mattarella (Istruzione).
Per la Sicilia quel 1945 fu denso di avvenimenti repressivi contro il Movimento Indipendentista Siciliano (che contava in quel periodo oltre 500 mila iscritti, unica vera forza politica sul territorio) e, soprattutto, contro i gruppi armati dell’EVIS che facevano capo al professore Antonio Canepa, che venne ucciso il 17 giugno di quell’anno dalle forze dell’ordine (?) in circostanze mai chiarite ufficialmente.
La nascita della Repubblica Italiana avvenne a seguito dei risultati del referendum istituzionale del 2 e 3 giugno 1946, indetto per determinare la forma di governo da dare all’Italia a conclusione della seconda guerra mondiale. Era forte il timore (fondato) che la Sicilia intera insorgesse per avere la sua indipendenza, e la concessione dell’Autonomia fu l’unica strada percorribile, la strada, appunto, di un compromesso che avrà strascichi fino alla conclusione dello stesso referendum, i cui risultati riportarono in Sicilia cifre allarmanti: il 68 per cento della popolazione nella Sicilia orientale voterà a favore della Monarchia, e nella Sicilia occidentale a favore dei regnanti il 61 per cento. Annientare l’indipendentismo era la sola via d’uscita per giungere a un referendum terribilmente contrastato.
Quando si celebra una ricorrenza basilare nella vita di un Paese, è sempre scomodo riportare alla memoria un passato che si è voluto ignorare nella sua essenza: se ciò avviene (probabilmente) è perché si ha a tutt’oggi paura di ciò che è stato: i fatti (inutilmente) hanno cercato d’insegnarlo. Quel che è accaduto può sempre ripetersi…